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“Tra Milano e Sant'Ambrogio un rapporto indissolubile”

Il benvenuto dell’Abate all’Arcivescovo.

Questo il benvenuto a nome dell’intera Comnunità rivolto dall’Abate, Mons. Carlo Faccendini, all’Arcivescovo Mario Delpini che si apprestava a rivolgere il suo consueto messaggio alla città e alla diocesi in occasione della ricorrenza di S. Ambrogio.

«A lei Eccellenza e a tutti i presenti un cordialissimo benvenuto a nome mio e dell'intera nostra comunità! Questa sera, vigilia della festa di Sant'Ambrogio, vi accolgo qui, nella “Basilica dei martiri” voluta da Ambrogio, per invitarvi a ripercorrere i passi del vescovo attraverso la città, la Mediolanum capitale dell'impero, ricca di genti e di culture allora come oggi.

Come scriveva alla sorella Marcellina (epistola 75a), ogni giorno Ambrogio usciva dalla Domus episcopale attraverso le strade, oltre il palazzo imperiale, fino a oltrepassare le mura della città per arrivare alla grande necropoli dove vegliavano le memorie dei martiri Vittore, Nabore e Felice e poi anche dei martiri milanesi, deposti nella nuova chiesa da lui fondata,quella – scriveva ancora alla sorella in occasione del ritrovamento di Protaso e Gervaso nel giugno 386 – che chiamano Ambrosiana (epistola 77).Per il popolo di Milano la Basilica dei Martiri nasce subito come “Basilica di Ambrogio” e diventa la costruzione visibile di una identità cittadina che il vescovo e la sua gente condividono; la stessa identità che 1700 anni dopo è ancora il cuore segreto e vitale di questa nostra città di Milano.

Si tratta di un rapporto fatto di memorie concrete, che continua a vivere e che si arricchisce nel tempo, così come accade da secoli a questa Basilica.Undici anni dopo l’ordinazione episcopale, nell’omelia di domenica 7 dicembre 385, Ambrogio ricordava con affetto e come un giorno di festa la profondità del legame con i milanesi che si rinnovava ogni anno nell'anniversario della sua consacrazione. “Voi infatti siete per me come i genitori, perché mi avete dato l'episcopato; voi, ripeto, siete per me come figli e genitori. Uno per uno figli, tutti insieme genitori.

Effettivamente, di gran cuore vi vorrei chiamare sia miei figli, sia i miei genitori, voi che ascoltate e mettete in pratica la parola di Dio” (Expositio in Lucam VIII, 73)

Il legame tra Ambrogio, la sua Basilica e i milanesi è dunque un legame fatto di passi – attraverso le strade che ancora oggi percorriamo, – un legame scritto nelle date – che ancora oggi celebriamo come festa del patrono della città intera-, un legame rinnovato nei nomi con cui da secoli si identifica la nostra comunità: la Basilica ambrosiana, il rito Ambrosiano, la città Ambrosiana. Un legame, infine, che dalle parole di Ambrogio rimanda al più sacro e il più antico dei legami umani, quello tra genitori e figli, tanto fragile e tanto prezioso anche oggi, in questa Milano confusa, frettolosa e agitata come la Milano imperiale in cui, 17 secoli fa, il governatore Ambrogio divenne improvvisamente – e inaspettatamente – vescovo.

Tutto questo si rende presente qui, nella Basilica di Sant'Ambrogio, silenzioso testimone dell'identità dei milanesi. È un tesoro di fede, di arte e di cultura che, nel nome di Ambrogio, vogliamo restituire a questa città e alla sua gente, cosicché, secondo le parole del nostro patrono, come genitori li accompagniamo alla scopertadel loro passato, e come figli affidiamo a loro e alla città di Milano queste eredità preziosa per costruire il futuro».