Vita di Sant'Ambrogio
Ambrogio nacque da famiglia romana a Trèviri nelle Gallie, città allora residenza imperiale, dove il padre esercitava le alte funzioni di prefetto del pretorio. Terminati a Roma gli studi, ricevette dal prefetto Probo l’incarico di recarsi a Milano come governatore della provincia di Liguria ed Emilia.
Proprio in quel tempo morì il vescovo ariano Aussenzio e tra il popolo cristiano si accese una violenta discordia in merito alla scelta del successore. Ambrogio si recò allora – com’era dovere della sua carica – alla chiesa, per sedare il tumulto: qui parlò a lungo e con grande capacità persuasiva della pace e del bene comune.
L’impressione sui presenti fu enorme. Si dice che a quel punto improvvisamente risuonò nell’assemblea l’esclamazione di un fanciullo «Ambrogio vescovo!», e che tutto il popolo si unì a quella voce e acclamò concorde «Ambrogio vescovo!», desi- gnando in tal modo con scelta unanime il governatore quale proprio pastore.
Di fronte al rifiuto e alla resistenza di Ambrogio, il desiderio ardente del popolo fu sottoposto all’imperatore Valentiniano, che si mostrò ben contento che il vescovo fosse stato scelto tra i magistrati da lui nominati. Lietissimo fu pure il prefetto Probo che, quasi profetizzando, aveva detto ad Ambrogio al momento dellapartenza: «Va’, e comportati non come giudice, ma come vescovo».
Coincidendo pertanto la volontà dell’imperatore col desiderio del popolo, Ambrogio venne battezzato (era infatti solo catecumeno), e iniziato nei giorni successivi al sacro ministero. Otto giorni dopo il battesimo, precisamente il 7 dicembre dell’anno 374, ricevette l’ordinazione episcopale.
Divenuto vescovo, fu suo impegno difendere con coraggio la libertà della Chiesa e la dottrina della fede, richiamando alla verità molti eretici; fra questi generò a Gesù Cristo mediante il battesimo sant’Agostino, il grande dottore della Chiesa.
Sollecito del bene di tutte le Chiese, sapeva intervenire nella comunione cristiana con grande energia e costanza. Fu instancabile nell’adempiere i doveri del ministero pastorale, tanto che, dopo la sua morte, nell’amministrazione dei Misteri dell’iniziazione cristiana cinque vescovi riuscirono a stento a supplirlo.
Amò intensamente i poveri e i prigionieri, per i quali donò tutto l’oro e l’argento che possedeva. Quando fu eletto vescovo, assegnò alla sua Chiesa anche i propri vasti possedimenti fondiari in Sicilia e in Africa – destinandone il solo usufrutto alla sorella Marcellina – in modo da non serbare per sé cosa alcuna che potesse dire sua. Così, come un soldato privo di impedimenti e pronto a combattere, si mise al seguito di Cristo Signore che «da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà».
Godeva con coloro che erano nella gioia, piangeva con chi era afflitto. Ogni volta che qualcuno gli confessava i propri peccati per riceverne la penitenza, compartecipava a tal punto al dolore del penitente da versare con lui lacrime di pentimento: si considerava infatti peccatore tra i peccatori.
Dopo essersi recato per due volte nelle Gallie presso l’usurpatore Massimo, responsabile dell’uccisione dell’imperatore Graziano, Ambrogio ruppe irrevocabilmente la comunione con lui e con quanti si erano resi responsabili, insieme a Massimo, della morte a Treviri dell’eretico Priscilliano.
Ma il presule milanese, in seguito alla strage di Tessalonica, non dubitò di escludere dalla partecipazione ai divini Misteri anche il grande imperatore Teodosio, da lui peraltro profondamente stimato, finché questi non ebbe umilmente eseguita la penitenza impostagli a causa di quella efferata repressione.
Il vescovo di Milano ha lasciato alla sua Chiesa splendidi edifici di culto e all’intera comunione cristiana scritti dogmatici e omiletici, considerati in Oriente come in Occidente testimonianza della fede dell’antica Chiesa indivisa.
Logorato dalle grandi fatiche e dall’intensa cura della Chiesa di Dio, al termine della sua ultima Quaresima cadde ammalato. Quando era ormai prossimo alla morte, pregava nel suo letto con le braccia aperte in forma di croce; Onorato, vescovo di Vercelli, mosso da un impulso divino, accorse al suo capezzale portandogli il Corpo del Signore. Ambrogio si comunicò e subito dopo consegnò la propria anima a Dio: era il Sabato Santo, 4 aprile, dell’anno 397, prima dell’alba.