Il saluto di Don Luca
Riportiamo, di seguito, il discorso completo che Don Luca ha fatto oggi, domenica 29 settembre, durante la Santa Messa delle ore 10.30 (scaricabile anche qui) per salutare tutta la comunità di Sant'Ambrogio:
“IL DESTINO DI CIASCUNO DI NOI NON E’ NEGLI AVVENIMENTI ESTERIORI, MA NEL MODO ATTRAVERSO CUI SI E’ IN GRADO DI PRENDERE POSIZIONE RISPETTO AD ESSI”. (Etty Hillesum)
Vivere un cambio di destinazione “è un setaccio che trattiene l’oro disperso nel flusso di iniziative e giorni della nostra esistenza, che non equivale alla somma di minuti che vivremo, e nemmeno alle formule in cui di volta in volta cercheremo di ingabbiarla per averne meno paura. E cos’è allora vivere? La speranza di venire alla luce del tutto e darne (rac)conto al mondo”. (Resisti,cuore., di Alessandro D’avenia).
Quest’oggi voglio provare a condividere quanto resta di prezioso nel setaccio della vita per poter dare conto dei doni di grazia che ho ricevuto in questi anni di cammino nella comunità parrocchiale di sant’Ambrogio.
Ecco l’oro trovato nel setaccio della vita condivisa insieme, perché come canta Fabi “Le parole che ti scrivo/non so dove l'ho comprate/Di sicuro le ho cercate senza nessuna fretta/Perché l'argento sai si beve/Ma l'oro si aspetta” (Il negozio di antiquariato, Niccolò Fabi):
-una tazzina di caffè: è il mio primo grazie a don Carlo, don Biagio, don Roberto e padre Robert. C’è un rito fondamentale tra i preti di sant’Ambrogio che scandisce le giornate. Ogni mattina, alle 9.30, ci si trova tutti da don Biagio a bere insieme il caffè, che amorevolmente la Pinuccia prepara. Questo appuntamento mi ha fatto scoprire e vivere la sollecitudine della fraternità sacerdotale, che non nasce da un decreto o imposizione curiale, ma è un affettuoso stile di vita che si permea di cura e amorevolezza. GRAZIE!
- delle perline colorate: è il mio secondo grazie. Sono tante singole perline di ogni colore, ma che quando ho provato a prendere in mano, ho notato essere unite tra loro e capaci di formare una collana allegra e vivace. È la diversità dei colori a rendere quella collanina unica e inimitabile. Queste perline sono il verde dei ragazzi, preadolescenti, adolescenti, il giallo degli educatori, catechiste e allenatori, l’arancione dei volontari al bar, cucine e segreteria dell’oratorio, il blu dei chierichetti e cerimonieri, il rosso dei genitori. Mi sono subito chiesto cosa le tiene insieme e mi è venuto in mente un ritornello sanremese “E mi hanno detto che la vita è preziosa, io la indosso a testa alta sul collo. La mia collana non ha perle di saggezza. A me hanno dato le perline colorate per le bimbe incasinate con i traumi, da snodare piano piano con l’età. Eppure sto una pasqua guarda zero drammi" (La noia, Angelina Mango).
È proprio vero che la collana è metafora di una vita, non necessariamente costellata di saggezza, bensì di esperienze intense (come perline colorate), che proprio attraverso la vita vissuta portano a superare anche le esperienze peggiori. Questo, però, non mi basta, perché è vero che ci sono le perline colorate, ma c’è qualcosa che le tiene unite: il filo.
Allora mi sono ricordato che ogni volta che celebravo in basilica venivo sopraffatto dalla sua bellezza millenaria, una bellezza davanti alla quale posso solo arrendermi in un’estasi contemplativa per qualcosa che mi precede ed è più grande di ogni mio tentativo di volerla racchiudere in una definizione e spiegazione. La bellezza, come Dio, è sempre di più delle nostre parole, possiamo solo arrenderci e accoglierne la sua manifestazione.
Se osserviamo attentamente in basilica ci sono ben 3110 perle e sono tutto incastonate nell’altare d’oro, intorno al quale ci troviamo ogni domenica per Fare Comunione. Il filo che tiene unite le perline è Dio, il suo amore che si rende presente realmente tra noi ogni volta che celebriamo l’Eucaristia e ci tiene uniti nonostante le nostre diversità. L’Eucaristia valorizza le nostre peculiarità e ci chiama ad essere comunità posta sul monte, segno di una presenza reale dell’amore di Dio. (C’è un filo, di M. Monari, illustrazioni di B. Baldi). In questi anni ho rinsaldato la consapevolezza che celebrare l’Eucaristia, vuol dire celebrare la vita riconoscendoci chiamati ad essere presenza dell’amore di Dio (essere amabili), perché amati. Per aver condiviso un cammino di fede: GRAZIE!
-un mazzo di chiavi: è il terzo grazie. Molto semplice, intenso e fondamentale: a sant’Ambrogio mi sono sentito a casa. Per spiegare questo grazie prendo in prestito la lingua inglese lingua che ha due parole per indicare “casa”: “house” ed “home”. “House” viene usata per indicare un edificio, una costruzione fisica, un luogo da abitare, mentre con “home” si fa riferimento ad un ambiente familiare, ad un’intimità, un luogo affettivo più che fisico. GRAZIE! “Where we love is home, home that our feet may leave, but not our hearts” ( Casa è dove amiamo, casa è ciò che i nostri piedi possono lasciare, ma non i nostri cuori, di Oliver Wendell Holmes).
Ed ora, giunto il momento di salutarci e di metterci in cammino, cuore e mente vanno alla colonna Bonamico Taverna, sulla quale è raffigurato un uomo in cammino con lo sguardo e i piedi rivolti verso il mosaico absidale della basilica, in cui è raccontato una delle leggende più belle legate a sant’Ambrogio: la bilocazione del nostro patrono a Tours per l’ultimo saluto dell’amico Martino.
Il mosaico, rappresentando una leggenda non racconta una cosa vera, ma testimonia una bella verità della nostra fede cristiana: la comunione dei santi. Nella celebrazione eucaristica saremo sempre insieme e uniti nell’amore di Cristo; come insegna papa Francesco: “La nostra santità è il frutto dell'amore di Dio che si è manifestato in Cristo, il quale ci santifica amandoci nella nostra miseria e salvandoci da essa. Sempre grazie a Lui noi formiamo un solo corpo, dice san Paolo, in cui Gesù è il capo e noi le membra. Questa immagine del corpo di Cristo e l'immagine del corpo ci fa capire subito che cosa significa essere legati gli uni agli altri in comunione. "Se un membro soffre – scrive san Paolo – tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui": siamo tutti un corpo, tutti uniti per la fede, per il battesimo, tutti in comunione: uniti in comunione con Gesù Cristo”.
È nel ritrovarci la domenica intorno all’altare di sant’Ambrogio che abbiamo imparato a fare comunione; adesso ci raduneremo intorno ad altari diversi e distanti, ma consapevoli che nell’Eucaristia la lontananza non sarà mai distanza.
Grazie e buon cammino!