AMBROGIO VESCOVO

Il governatore dell’impero che divenne santo

Ambrogio

La storia

AMBROGIO VESCOVO!

Ambrogio apparteneva a una famiglia dell’aristocrazia senatoria. Dopo gli studi a Roma, intraprese con il fratello Satiro la carriera di avvocato in Illirico e poi a Milano, una delle capitali dell’Impero. Intorno al 370 Ambrogio fu nominato governatore della provincia di Liguria e Emilia: a Milano, la sua attività di rigoroso amministratore della giustizia gli guadagnò la stima del popolo a tal punto che, quando il vescovo ariano Aussenzio morì nel 374, Ambrogio fu acclamato vescovo con una procedura eccezionale. Nel volgere di una settimana ricevette il battesimo, l’ordinazione sacerdotale e la consacrazione episcopale, il 7 dicembre 374.

Il forte legame tra il vescovo e la sua gente proseguì durante tutto il suo pontificato: pastore sollecito, raffinato commentatore delle Sacre Scritture, abile politico, Ambrogio si confrontò con i gravi problemi che travagliavano l’Occidente nel IV secolo. Alla vigilia di Pasqua del 386 si oppose alla richiesta di consegnare alcune basiliche agli ariani: per sostenere le veglie del popolo nelle chiese occupate scrisse i suoi inni liturgici. Amico dell’imperatore Teodosio, non esitò a proibirgli l’ingresso in chiesa finché non avesse fatto pubblica penitenza per il massacro ordinato a Tessalonica. Difensore della fede contro le numerose eresie, la sua dottrina rappresentò la voce ufficiale della Chiesa d’Occidente. Ambrogio rinnovò l’edilizia sacre di Milano con la fondazione di alcune basiliche sulle vie principali a protezione della città

Nel giugno del 386, dopo aver ritrovato i corpi di Protaso e Gervaso come raccontò in una lettera alla sorella Marcellina, dedicò ai martiri la nuova basilica (Basilica Martyrum) in costruzione fuori dalle mura. Si preoccupò sempre di esercitare fedelmente il ministero pastorale e di ascoltare la sua gente, senza distinzioni di rango o di ricchezza. La sua predicazione convinse il maestro di retorica Agostino ad abbracciare la fede cristiana: fu battezzato da Ambrogio nella notte di Pasqua del 387 e divenne uno dei padri del pensiero occidentale. Ambrogio morì nella notte tra il 3 e il 4 aprile 397 e fu sepolto alla sinistra dei martiri Protaso e Gervaso, nella basilica che porta il suo nome: alle esequie partecipò tutto il popolo di Milano, da allora profondamente legato alla memoria del patrono

Le sue numerose opere di commento alle Sacre Scritture, frutto della sua predicazione, furono scritte per far conoscere e amare la Parola di Dio al suo popolo e rappresentano un patrimonio letterario importante: si segnalano in particolare l’Hexameron, un commento sui primi sei giorni della creazione e la bellezza della natura, e gli ampi trattati sul Salmo 118 e il Vangelo di Luca. Scrisse anche alcune orazioni funebri per i potenti della terra – gli imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio – e per l’amato fratello Satiro, per il quale ha parole di profonda commozione. Quando, nel 386, il popolo occupò le basiliche contro le pretese degli ariani, Ambrogio compose alcuni inni liturgici che i fedeli cantavano in lode di Dio durante le ore del giorno.

Ricchi di immagini vivide che alimentavano la fede, gli inni ambrosiani conobbero un enorme successo: Agostino ricordava i quattro più famosi, a cui se ne aggiunsero molti altri, di Ambrogio stesso o di suoi più tardi imitatori. Ambrogio lasciò anche numerose lettere, che costituiscono una fonte di primaria importanza per le sue vicende e il suo pensiero. Dopo la sua morte il segretario Paolino, su richiesta di sant’Agostino, scrisse una biografia, la Vita di Ambrogio, che offre un ritratto del santo come modello esemplare di vescovo, e che godette di notevole fortuna nel corso dei secoli.

L'eredità

DEFENSOR CIVITATIS: SANT’AMBROGIO PATRONO DI MILANO

Il profondo rapporto tra Ambrogio e i milanesi non si interruppe con la sua morte: fin dal V secolo si rinnovò nella forma di un culto profondo per il patrono della città e per il suo luogo di sepoltura, la Basilica di Sant’Ambrogio.

Nel IX secolo Alcuino di York, consigliere culturale di Carlo Magno, poteva giustamente definire Ambrogio defensor civitatis, difensore della città e del popolo di Milano: è in questo periodo storico che, per la prima volta, la Chiesa di Milano venne chiamata “Chiesa ambrosiana” in una lettera di papa Giovanni VIII. L’identità tra il santo patrono e la coscienza cittadina rimase costante per tutto il Medioevo: non soltanto l’eredità di Ambrogio aveva dato origine a un rito liturgico specifico che perdura ancora oggi, ma era divenuta anche un emblema civile e politico, tanto che l’immagine del patrono svettava sul gonfalone del Carroccio, l’insegna militare portata dai milanesi in battaglia nell’età di mezzo e celebrata anche durante il Risorgimento.

La prima rappresentazione iconografica di sant’Ambrogio si trova nel mosaico parietale del sacello di San Satiro (V-VI secolo): il vescovo, che indossa la dalmatica a clavi, è raffigurato con tratti realistici come governatore di Milano. Nel Medioevo l’iconografia di Ambrogio segue il canone del santo vescovo, con mitria, bastone pastorale e libro aperto, su cui talvolta è intento a scrivere ispirato dallo Spirito Santo. A partire dalla fine del secolo XI, Ambrogio tiene tra le mani un flagello, simbolo della lotta all’eresia; nel XIV secolo si diffuse anche l’immagine di Ambrogio su un destriero bianco che scaccia i nemici della città, un motivo iconografico promosso dai Visconti dopo la battaglia di Parabiago nel 1339.

TESTI E PREGHIERE DI AMBROGIO

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